IL CAMPANO
Il poeta dei due amori alla corte di Pio II di Fabio Pellegrini
E’ uscito il nuovo libro di Fabio Pellegrini che integra la collana dedicata ai “pieschi”; ai saggi su Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, sul Cardinale Iacopo Ammannati e su Niccolò Forteguerri, si aggiunge la figura del Campano, poeta umanista e fedele amico dell’Ammannati e di Pio II. Con la prefazione di Giampietro Colombini ed un intervento di Marco Montori, il nuovo testo illustra il ruolo di Gianantonio Campano nelle corti rinascimentali con particolare attenzione al rapporto con Enea Silvio Piccolomini e gli altri compagni di viaggio del Papa umanista. Pubblichiamo stralci della prefazione di Colombini.
[…] Giovanni Antonio de Teolis, detto Gianantonio Campano, di umili origini ma di elevatissimo intelletto, rappresenta in modo significativo il prototipo dell’umanista: l’uomo è “faber fortunae suae”, cioè artefice del proprio destino, in quanto può costruire la propria ricchezza e la propria felicità attraverso la sua fatica, la sua intelligenza; la storia del poeta assomiglia per certi aspetti proprio a quella di Enea Silvio Piccolomini, partito dalla misera Corsignano e giunto al soglio pontificio solo in virtù della sue capacità personali e intellettive. Dopo un importante periodo di formazione culturale e politica a Perugia, il Campano, nato nel 1429 a Cavelle, piccolo villaggio di Galluccio, già allievo di Lorenzo Valla e di altri illustri letterati, diviene amico carissimo di Jacopo Ammannati, cardinale di Pavia, col quale, inviando in dono uva del suo paese, così si esprime: “E’ sana, vigorosa, non inferiore al miele imetteo. Niente di meglio produce la mia Cavelle, il Villaggio paterno reso famoso dal mio ingegno. Lì sono nato e quali siano i miei costumi ed il mio talento te lo dirà questa dolce uva che ti mando.”
Ed è grazie al rapporto con l’Ammannati che il Campano a Mantova entra in contatto con la cerchia più ristretta di Pio II, e le sue doti di prontezza di spirito e di risposta gli valsero la benevolenza del papa: è nota la scena sul Mincio, ave Pio II scambiò epigrammi con i suoi intimi, tra i quali si trovava il Campano. Il Piccolomini non scelse mai a caso o per mera opportunità i propri collaboratori nei quali sempre ricercò spiccato intelletto e apertura mentale verso i canoni umanistici e da ciascuno dei suoi sodali ottenne gratitudine, amicizia disinteressata e sincera ammirazione; se l’Ammannati ha rappresentato per Pio II l’affetto e la dedizione di un fratello, se il Forteguerri ha offerto al pontefice l’esperienza bellica e la totale fedeltà di “soldato”, se il Platina ha donato la propria conoscenza alla “causa” umanistica, il Campano deve considerarsi colui che più di ogni altro si avvicinò come approccio culturale, letterario e storia personale al pontefice pientino, ed è per questo che Pio II volle garantire al poeta prediletto i privilegi di una carica ecclesiastica “improbabile”, tenuto conto della mondanità e dell’insofferenza verso le austere gerarchie ecclesiastiche per le quali il Campano più volte si distinse. Il Campano fu anche “trait d’union” tra il defunto Enea Silvio e il nipote Francesco Todeschini Piccolomini, cardinale e futuro papa con il nome di Pio III, al quale il poeta seppe trasmettere la forza del pensiero politico e culturale di Enea Silvio Piccolomini; il breve epilogo del pontificato (venti giorni) impedì a Pio III la possibilità di dare continuità al progetto iniziato dallo zio … ma questa è un’altra storia. […]
Il volume in formato tascabile, è stato stampato dalla Tipografia Artè di Città della Pieve (PG) nel dicembre 2016 ed è composto da 100 pagine.
In copertina: Il Campano ritratto dal Pinturicchio nell’affresco della Libreria Piccolomini del Duomo di Siena in cui Pio II canonizza Santa Caterina da Siena.