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L’ANNUNCIAZIONE DISPERSA

Raccogliamo i racconti che Giancarlo Bastreghi diffonde su Facebook per la nostra rubrica sulle “curiosità” pientine; oggi proponiamo la storia delle due statue lignee realizzate da Francesco di  Valdambrino Domenico ( Siena-1363-1435) che rappresentano una “Annunciazione” dalle forme delicate, quasi angeliche.

Ci racconta Giancarlo che le due “opere sono scolpite su legno di fico, policromate e lumeggiate ad oro zecchino” e che risalgono al “XIV/XV secolo; realizzate dal Grande Artista Senese su commissione dei Frati Minori Conventuali di Corsignano in terra di Siena, per essere poi collocate al Culto nella loro Chiesa annessa al convento francescano”. Si tratta della Chiesa di San Francesco, situata a fianco dell’ex complesso conventuale, oggi adibito ad attività ricettiva, chiesa la cui facciata è ben visibile a chi passeggia lungo il Corso Rossellino.

Continua Bastreghi ricordando che all’epoca della realizzazione delle opere, il borgo si chiamava ancora Corsignano e che “diverrà città di Pienza solo nel 1462 per volontà del Suo Fondatore, Enea Silvio Piccolomini, Papa Pio II”.

“Dopo cinque secoli di ininterrotta permanenza a Pienza, le due Opere, agli inizi del XIX secolo, passate nel frattempo in disposizione di proprietà privata, furono da questa alienate al mercato dell’Arte, ed infine, dopo vari passaggi di proprietà, furono acquisite definitivamente dalla Corona Olandese, ed oggi si trovano esposte all’ammirazione  nel Museo Reale di Amsterdam.
N.B. Al tempo in Italia non esisteva alcuna legge di tutela sul Patrimonio Artistico Nazionale e quindi le Opere d’Arte potevano essere liberamente alienate sia sul mercato nazionale e sia su quello internazionale”.

Ringraziamo Giancarlo per i suoi racconti e vi diamo appuntamento alla prossima “curiosità”.

PIENZA, I LUOGHI DELL’ACQUA

E’ uscita la seconda edizione – rivista ed ampliata – del volume PIENZA, I LUOGHI DELL’ACQUA di Umberto Bindi. 

La pubblicazione illustra i tanti aspetti connessi alla presenza ed alla gestione dell’acqua a Pienza e nei territori circostanti. L’idea nacque nel 1997 quando un buon numero di volontari decise di riportare alla luce la fonte di Porciano e quella della Pieve di Corsignano; l’iniziativa approdò alla prima edizione, uscita nel 2002 per i tipi dell’editrice Le Balze. Il “viaggio” della prima edizione era iniziato nella zona dove si insediarono, fin dalla preistoria, i primi gruppi dei futuri abitanti della città di Pio II; partendo dalle antiche fonti di campagna e dai pozzi diffusi nel centro abitato, la descrizione proseguiva attraverso gli ingegnosi sistemi realizzati nei palazzi storici, occupandosi dell’arrivo dell’acquedotto cittadino, della bonifica della Val d’Orcia e dei tanti toponimi legati all’acqua.

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L’ALBERO DEI VENTAGLI DI GIORGIO SANTI

Il ritorno del Ginkgo Biloba di Giorgio Santi dopo 230 anni

di Umberto Bindi

Forse non tutti sanno che l’albero più longevo del Giardino Botanico dell’Università di Pisa è un bellissimo esemplare di Ginkgo Biloba piantato nel 1787 dallo scienziato naturalista pientino Giorgio Santi, allora direttore del Giardino e professore nella Facoltà di Scienze Naturali dal 1782 al 1822. C’è adesso la possibilità che piante provenienti dal Ginkgo del Santi, siano riportate a Pienza.

Ma ripartiamo dai protagonisti della vicenda, per arrivare agli ultimi sviluppi “botanici”.

Giorgio Santi

Giorgio Santi è stato uno scienziato naturalista pientino del ‘700. Per motivi di lavoro del padre Rutilio Santi, Giorgio nasce a Volterra il 17 aprile 1746 ma passa l’infanzia e i primi anni di studio nella nostra cittadina. Si laurea a Siena, studia per nove anni in Francia, assume l’incarico di professore ordinario all’Università di Pisa dal 1782 al 1822 ma non perde  mai i contatti con la città natale, stabilendovi la dimora familiare, soggiornandovi durante i mesi estivi e mantenendovi possedimenti, attività private e incarichi pubblici.

Scrive in una lettera del 1795:

“Io ho viaggiato, ho fatto lunghe assenze, e con tutto ciò non ho potuto mai staccare intieramente il cuore dalla piccola Città, che mi fu patria. La terra testimone dei nostri primi vagiti, dei primi anni della nostra età, cioè del più felice periodo della nostra vita, e dei nostri primi deliri ha generalmente una magia per attraerci, e per ritenerci, che pochi sanno vincere, e che i più savi, potendo ancora, non vorrebbero superare. Per me ogn’anno che io torno al mio paese, riassumo idee più liete e più libere e quasi mi sembra ringiovanire”.

Santi morì e fu sepolto a Pienza il 30 dicembre 1822.

L’insegnamento a Pisa

Giorgio Santi, come molti studiosi dell’epoca, ebbe interessi multidisciplinari; laureatosi in medicina e chirurgia, divenne successivamente professore di geologia, chimica, botanica e zoologia, non disdegnando di studiare e approfondire gli aspetti geografici e morfologici dei territori osservati durante i viaggi di studio e approfondimento. Tornato da Parigi nel 1782, il Granduca di Toscana gli assegnò la  cattedra di botanica, storia naturale e chimica presso l’Università di Pisa congiuntamente alla direzione del Museo di storia naturale e del giardino di botanica.

L’Orto Botanico e il Santi

L’Orto Botanico dell’Università di Pisa fu realizzato nel 1544 per iniziativa di Luca Ghini, con l’appoggio finanziario del granduca di Toscana, Cosimo I de’ Medici. Si trattò del primo orto botanico universitario del mondo; sorto originariamente nei pressi dell’arsenale mediceo, fu trasferito nel 1591 nell’attuale localizzazione, presso la celebre Piazza dei Miracoli.

A partire dal 1783, per opera del nostro Giorgio Santi, l’orto botanico ed il giardino ebbero nuovo impulso e nuove accessioni. Ancora oggi, nella sezione denominata “Orto del Cedro”, vivono i due esemplari più antichi: una Magnolia grandiflora ed un Ginkgo biloba  da lui piantati nel 1787. Santi rimase all’Università di Pisa per quasi quarant’anni, usufruendo di un appartamento annesso all’orto botanico in qualità di professore e di Prefetto del Giardino e del Museo.

Il Ginkgo Biloba

È un albero antichissimo le cui origini risalgono a duecentocinquanta milioni di anni fa nel Permiano e per questo è considerato un fossile vivente; esisteva già al tempo dei dinosauri. La pianta è originaria della Cina ed il suo nome significa “albicocca d’argento”; il nome fu attribuito alla specie dal famoso botanico Carlo Linneo nel 1771 all’atto della sua prima pubblicazione botanica. Il nome della specie (biloba) deriva invece dal latino bis e lobus con riferimento alla divisione in due lobi delle foglie, a forma di ventaglio.

Ecco le principali caratteristiche dell’albero:

Portamento: pianta arborea che raggiunge un’altezza di 30–40 metri, chioma larga fino a 9 metri, piramidale nelle giovani piante e ovale negli esemplari più vecchi.

Corteccia: è liscia e di color argento nelle piante giovani, diventa di colore grigio-brunastro fino a marrone scuro e di tessitura fessurata negli esemplari maturi.

Foglie: Ha foglie di 5–8 cm, lungamente picciolate, a lamina di colore verde chiaro. In autunno assumono una colorazione giallo vivo molto decorativa, dalla forma tipica a ventaglio leggermente  bilobata.

 

Fiori: la Ginkgo è una pianta gimnosperme e per questo non ha fiori come abitualmente li intendiamo. Le Gimnosperme presentano delle strutture definite coni o strobili o, come nel caso del Ginkgo, squame modificate. È una pianta che porta strutture fertili maschili e femminili separate su esemplari diversi. La “fioritura” è primaverile e tra impollinazione e fecondazione intercorrono alcuni mesi; quest’ultima avviene a terra all’inizio dell’autunno, quando gli ovuli sono già caduti dalla pianta madre e hanno quasi raggiunto le dimensioni definitive.

Semi: I semi sono lunghi 1,5–2 cm e sono rivestiti da un involucro carnoso  di colore giallo, con odore sgradevole a maturità per la liberazione di acidi. La germinazione del seme avviene fuori terra.

Distribuzione: la pianta è originaria della Cina, nella quale sono stati rinvenuti fossili che risalgono all’era paleozoica. La pianta, in natura,  è stata ritenuta estinta per secoli, ma recentemente ne sono state scoperte almeno due insediamenti nella provincia dello Zhejiang nella Cina orientale. Non tutti i botanici concordano però sul fatto che queste stazioni siano davvero spontanee, perché la Ginkgo è stata estesamente coltivata per millenni dai monaci cinesi.

Coltivazione: è una specie che ama il sole ed il clima fresco. Non è particolarmente esigente quanto a tipo di terreno anche se vegeta meglio in terreni acidi e non asfittici. È una pianta che sopporta le basse temperature: è stato dimostrato che non subisce danni anche a -35 °C. Le piante mal sopportano la potatura: i rami accorciati seccano.


Il ritorno

 L’arrivo dei semi del Ginkgo a Pienza è avvenuto grazie all’acquisto, nel bookshop del Giardino Botanico di Pisa (febbraio 2019), di alcuni esemplari provenienti dall’antica pianta; la semina, realizzata anche in collaborazione con l’attuale classe V della scuola Primaria di Pienza, ha avuto successo (due piantine su dodici semi) e attualmente è in corso il tentativo di far sviluppare le piante per poi trapiantarle in uno o più spazi pubblici nella città che fu del Santi.

Il cammino è molto lento ed impervio; serviranno almeno tre anni di coltivazione in vaso, con la speranza che gli esili fusti reggano ad estati e inverni “casalinghi”. Fortunatamente i primi due anni sono stati superati e (marzo 2021) si sono aperte le prime gemme della nuova stagione.

CONVEGNO “Le arti e gli artisti nella rete della diplomazia pontificia da Pio II a Pio XI”

Il Centro Studi Pientini intende proporre alcuni temi agli organizzatori del convegno che sarà organizzato dalla Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa (Pontificia Università Gregoriana) rispondendo alla “call for papers” in scadenza il prossimo 15 marzo 2021.

Come previsto dagli organizzatori “Lo scopo è quello di proporre una giornata di studi per riflettere sul ruolo delle arti e degli artisti nell’ambito dei rapporti diplomatici che hanno come centro propulsore la Curia pontificia, dal pontificato di Pio II a quello di Pio XI. La giornata di studi sarà articolata in tre sessioni: prima età moderna (da Pio II a Gregorio XV), seconda età moderna (da Urbano VIII a Pio VI) e prima età contemporanea (da Pio VII a Pio XI). Gli interventi potranno affrontare sia casi di studio inesplorati, sia casi già noti, analizzandoli con approccio innovativo e/o documentazione inedita, come anche proporre quadri interpretativi a più ampio respiro. Le proposte dovranno essere inviate in forma di abstract (max. 2000 battute), unitamente a un breve CV con elenco delle pubblicazioni, all’indirizzo artediplomazia@unigre.it a partire dal 15 dicembre 2020 e non oltre il 15 marzo 2021. I contributi potranno essere presentati in italiano, inglese e francese. È prevista la pubblicazione degli atti”.

Maggiori informazioni sul convegno sono disponibili nel sito della Facoltà organizzatrice.

Da parte nostra ci preme evidenziare gli interventi proposti, la cui eventuale accettazione sarà comunicata su queste pagine.

SARA MAMMANA

La diplomazia umanistica di Pio II e l’ideale di Pienza come luogo simbolo di rifondazione in occidente di una nuova Bisanzio

MATTEO PARRINI

Pio II e l’opera del cardinale Oliva nella Marca, il caso di Matelica

MUSEI NARRANTI: IL MUSEO DIOCESANO DI PIENZA

Una pagina con il link alle puntate dell’iniziativa PICCOLI MUSEI NARRANTI, promossa dal Museo Diocesano di Pienza – Palazzo Borgia. Un’occasione per approfondire la storia della Città di Pio II

PRIMA PUNTATA
“Pienza, la Città ideale del Rinascimento” di Piero Torriti

SECONDA PUNTATA
“Introduzione ai Commentarii” di Duccio Balestracci

TERZA PUNTATA
“Corsignano, ora chiamata Pienza” e “Pio parte da Pienza per recarsi a Corsignano” da I Commentari di Enea Silvio Piccolomini
QUARTA PUNTATA
“Trasferimento da Roma del capo di Sant’Andrea” e “Preparativi di Pio per ricevere il sacro Capo” da I Commentarii di Enea Silvio Piccolomini
Sul tema della reliquia di Sant’Andrea segnaliamo anche l’articolo su Canonica 9 a cura di Roggero Roggeri e Sara Mammana sul ciclo pittorico relativo alla traslazione della reliquia.

PIENZA E IL DISEGNO DELL’UTOPIA

Segnaliamo l’uscita di una nuova pubblicazione sulla Citta di Pio II ad opera di Riccardo Cecchini, Gianna Gaudini e Sara Mammana per i tipi di Gianni Bussinelli Editore (Verona, 2020). Il volume è disponibile contattando l’Associazione Biagiotti per L’arte e il Centro Commerciale Naturale della Città di Pienza ai numeri di cellulare 340-6739044  o 338-4859041. Il testo è disponibile anche sui principi canali di distribuzione on line o alle librerie di tutta Italia.

Di seguito alcune la recensione del libro:

Il volume “Pienza e il disegno dell’Utopia”, dato alle stampe nel novembre 2020 da La Grafica Editrice e realizzato da Riccardo Cecchini, Gianna Gaudini e Sara Mammana, consente al lettore di intraprendere un viaggio affascinante verso una delle più significative invenzioni che l’Uomo sia stata in grado di generare: Pienza, una realtà urbana concepita come macchina architettonica dell’armonia assoluta che manifesta, nella sua bellezza, concreta e visionaria allo stesso tempo,  un esempio unico e tangibile di luogo utopico dove ogni persona, rigenerata dalla perfezione estetica che la circonda, possa trascendere per giungere ad una condizione di benessere spirituale e intima serenità.

Questo è, di fatto, l’unico vero scopo della prima Città Ideale del Rinascimento che Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, raffinato papa umanista, volle realizzare sul proprio luogo natale, Corsignano, riedificato e trasformato, nel 1462, in Pienza, la città che ancora oggi porta il suo nome.

“Pienza e il disegno dell’Utopia” permette, attraverso un attento studio, di conoscere la profonda essenza del pensiero che ha alimentato il sogno della città ideale. Tanti sono gli enigmi svelati e nascosti dietro il progetto di Pienza, il tutto arricchito da un’accurata descrizione dell’immenso tesoro storico-artistico e naturalistico della val d’Orcia, patrimonio Unesco, di cui la citta di Pio II fa parte.

Riccardo Cecchini ha inoltre studiato e analizzato con metodo comparativo il tema della Città Utopia, pubblicando, accanto ai testi critici, una serie di onirici e sorprendenti eidotipi riguardanti i principali monumenti cittadini, o parte di essi, con il risultato, felicemente raggiunto, di valorizzare al meglio la perfezione formale che caratterizza l’architettura rinascimentale del pieno Quattrocento.

 L’augurio che gli autori porgono ad ogni lettore è quello di innamorarsi di Pienza e della val d’Orcia, condividendo un’esperienza di rinnovamento spirituale che questi luoghi hanno ancora la capacità rara e potente di suscitare in ogni animo umano.

 

CANONICA 10

E’ uscito il numero 10 della rivista Canonica; dieci numeri e dieci anni di attività del Centro Studi Pientini che hanno visto tanti autori e collaboratori contribuire alla divulgazione di ricerche, articoli, studi e curiosità su Pio II, Pienza ed il suo territorio.

In questo numero quattro articoli e un supplemento. Nel primo contributo, Roberto Formichi ci racconta le vicende che precedettero l’inizio dei lavori di sottofondazione del Duomo di Pienza; gli studi, le proposte di “smontaggio”, i progetti di consolidamento ed il crescente interesse per Pienza e i suoi monumenti. Nel secondo articolo Fabio Serafini documenta la presenza di Corsignano nei registri camaldolesi mentre Matteo Parrini racconta le vicende di Onesta Piccolomini, nobildonna nipote di Pio II e “donna del Rinascimento” nel territorio delle Marche. Infine una testimonianza della prima ora sull’avvio degli scavi archeologici nell’area di “cava Barbieri”; Andrea Bruzzichelli partecipò ai sopralluoghi di Ferrante Rittatore Vonwiller e di Rezia Calvi agli albori degli scavi.

 

Il supplemento contiene una inedita iconografia di Pio II curata da Roggero Roggeri; quarantotto schede su altrettante opere di pittura, miniatura, scultura e medaglistica con il ritratto di Enea Silvio Piccolomini.

Sono presenti nel sito i singoli articoli, raggiungibili dal menu ARTICOLI CANONICA o dai link dell’indice qui sotto.

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ICONOGRAFIA DI ENEA SILVIO PICCOLOMINI

Roggero Roggeri

ENEA SILVIO PICCOLOMINI
ICONOGRAFIA
Dipinti, miniature, sculture e medaglie
dal XV al XIX secolo

(Canonica 10 – Supplemento 4, pag.91)

Lo studio che segue, concepito, per facilitarne la lettura, come un catalogo con le relative schede, tratta dell’iconografia di Enea Silvio Piccolomini in pittura, miniatura, scultura e medaglistica, partendo dal XV secolo fino al secolo XIX. Sono state volutamente escluse le sezioni delle incisioni, antiche e moderne, e delle opere d’arte, eseguite nel XX e XXI secolo, che riproducono l’effige di Pio II che potranno, auspicabilmente, essere trattate in successivi contributi.

L’INSERTO SPECIALE E’ DISPONIBILE SOLO CON ALCUNE PAGINE DI ANTEPRIMA >>>

ARCHEOLOGIA A CAVA BARBIERI

Andrea Bruzzichelli

ARCHEOLOGIA A CAVA BARBIERI
UNA TESTIMONIANZA DELLA PRIMA ORA

(Canonica 10 – pag. 83)

La figura di Ferrante Rittatore Vonwiller – prematuramente scomparso nel 1976 – è leggendaria nel mondo dell’archeologia e non credo di doverne parlare: su Internet si trova di tutto e di più.
In zona aveva fra l’altro partecipato nel maggio del 1959 al III Convegno di Studi Etruschi ed Italici – a Montepulciano ospitato dalla contessa Secchi Tarugi – con i “colleghi” Pallottino, Heurgon, Devoto, ecc., ai quali nella circostanza aveva anche fatto da guida in una visita alle ancora poco note grotte di S. Maria a Belverde – a Sarteano – già oggetto di particolare attenzione da parte sua.

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ONESTA PICCOLOMINI

Matteo Parrini

ONESTA PICCOLOMINI
L’AZIONE SILENZIOSA DI UNA “MAGNIFICA DONNA”

(Canonica 10 – pag. 55)

La storica americana Joan Kelly oltre quarant’anni fa pose la provocatoria domanda: «Did women have a Renassaince?», ossia c’è stato un Rinascimento per le donne? La questione torna di attualità nel momento in cui ci si ritrova a ricercare in filigrana le tracce di biografiche di una donna vissuta nel Cinquecento, dopo aver potuto leggere che «Onesta Piccolomini è sepolta nella cappella degli Ottoni nella chiesa di San Francesco a Matelica». Si tratta una stringata informazione, tratta forse da un registro dei morti perduto, che svela però gli stretti legami che univano la potente e nobile casata toscana alla famiglia di origine longobarda che dominò per secoli l’alta valle del fiume Esino. Chi era Onesta Piccolomini? E cosa ci faceva a Matelica?

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