Dai diari di Don Giotto Vegni Cento anni fa avvenne
Un interessante documentazione storica ci viene offerta dai
diari di don Giotto Vegni, (1895 – 1984); ben 19 quaderni, scritti
a mano, che vanno dal 1915 al 1978. Qui di seguito, a distanza di
cento anni, rileggiamo con stupore e interesse la cronaca
meticolosa dell’allora seminarista Giotto Vegni, dei mesi di
gennaio e febbraio del 1922.
Il Palio di Pienza La corsa di San Matteo
(Canonica 12)
Pio e Pienza
Io, la nuova Pienza, che sorgo sull’alto colle, dirò io stessa la ragione del mio nome, Pio mi volle adorna d’un tempio e protetta da mura, e da piccolo borgo volle ch’io fossi città. Ordinò che la casa della sua famiglia, vicino alle mura, divenisse palazzo di marmo a toccare le stelle. Mi diede il nome, ed eletto secondo l’uso il senato, mi diede costumi cittadini e nuove leggi. Ma voi, borghi che sorgete d’intorno, non siate invidiosi: son io che generai Pio1. Così il Campano (Giovanni Antonio) ci narra dell’innalzamento del borgo di Corsignano in città, diventando Pienza. Tuttavia, non è in concomitanza di questo evento che viene istituita la corsa di San Matteo.
La damnatio memoriae delle opere d’arte pientine, il caso unico di un falso del tardo Ottocento (Canonica 12)
Per ragioni strane e misteriose che sfuggono alla nostra comprensione, non sono mai state ritrovate testimonianze, derivazioni, disegni preparatori o memorie che rappresentino opere o particolari architettonici della città di Pienza. E’ come se una damnatio memoriae avesse colpito questo splendido borgo subito dopo la morte di Enea Silvio Piccolomini, suo fondatore, e nessuno più volesse ricordare, attraverso copie o altre testimonianze artistiche, la bellezza della città di Pio.
Politiche di tutela ai tempi di Pio II il discusso caso del castello di Mosciano (Canonica 12)
All’indomani di ogni catastrofe naturale l’Italia riscopre l’immensa fragilità che la caratterizza, almeno quanto la sua straordinaria bellezza, come un eccezionale gioiello dalla natura friabile che necessita di pratiche di conservazione e restauro per essere sottratto all’erosione del tempo e all’usura. Una condizione quanto mai attuale, che costringe a ripensare ai nostri modelli di gestione del territorio, se non a riscoprire le tecniche di salvaguardia adottate nel passato per ritardarne gli effetti.
ALLE ORIGINI DEL SIMBOLISMO ANIMALE Le antiche pievi senesi (Canonica 12)
Il presente testo prende le mosse da un’indagine che, nata dentro alle coordinate del mito e dell’antropologia, e sviluppatasi in alcune tappe essenziali, si è rivelata feconda di suggestioni. Le immagini scolpite nelle antiche pievi toscane possono ricevere, nuova luce dagli studi di Maurizio Bettini nei quali si racchiudono venti anni di ricerche.
Sin dalle origini della propria esistenza, l’umanità ha cercato di comprendere i misteri che sono alla base della vita e quindi del mondo. L’osservazione costante del dinamismo e della ripetitività dei cicli stagionali, insieme al movimento degli astri nella volta celeste, l’alternarsi continuo tra morte e rinascita, in stretto rapporto con le varie fasi della vita dell’uomo, hanno portato l’intelligenza umana a intuire la presenza di un ritmo cosmico che permea l’intero universo in tutte le sue componenti, interessando anche l’uomo stesso che diviene quindi testimone e protagonista di un continuum armonico tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, ovvero tra il microcosmo e il macrocosmo.
Le nuove ricerche archivistiche su Pienza hanno permesso di rintracciare diversi atti solo in parte già presi in considerazione per le precedenti pubblicazioni sulla pieve di San Vito di Corsignano e sulla presenza camaldolese a Pienza, a cui aggiungere alcuni documenti non attinenti tali argomenti forse riconducibili a Pienza. Il presente contributo ha così la possibilità di integrare le precedenti pubblicazioni, con la conseguenza di poter fare meglio conoscere la storia di Pienza durante il suo periodo medievale. Per comodità di lettura, tali atti, che coprono un lasso di tempo compreso fra i secoli VII e XIV, vengono qui di seguito suddivisi per argomento.
Quale fu la logica prevalente nella scelta dell’itinerario che nell’estate del 1464 condusse papa Pio II fino al porto di Ancona?
Si tratta di una domanda non banale e neppure sterile, perché dalla risposta ne possono scaturire tante informazioni e considerazioni sulle ragioni e sul pensiero che guidarono il pontefice nell’ultima sua missione e che, nonostante il fallimento materiale dell’opera, servì all’Occidente a prendere coscienza di determinate condizioni e circostanze ormai mutate, come la possibilità di indire una crociata, quale «iustum bellum, quib. necessarium, et pia arma, quibus nulla nisi in armis relinquitur spes»
FABBRICA; BORGO E CASTELLO
UNA TERRA DI CONFINE (Canonica 11 – Pag. 5)
Con il “motu proprio” di Pietro Leopoldo del 2 giugno 1777 si pose fine all’esistenza amministrativa di un “comunello” denominato Fabbrica Piccolomini; si trattava di un nucleo abitato rurale formato da agglomerati di case sparse, situato a circa cinque chilometri ad Est del centro abitato di Pienza ed a confine con il territorio di Montepulciano, nucleo che in quell’anno perdeva la qualifica di unità amministrativa e veniva assorbito dal Comune pientino. Ma la storia di questo frammento di territorio merita un approfondimento perché, grazie alla sua posizione di passaggio (antiche direttrici lo attraversano) e di confine (per secoli senesi e fiorentini si sono contesi castelli e fortilizi, distruggendo e ricostruendo torri e muraglie per avanzare e per difendersi dalle avanzate altrui), è stato testimone di antiche civiltà e di significative vicende storiche.
ENEA SILVIO PICCOLOMINI
ICONOGRAFIA
Dipinti, miniature, sculture e medaglie
dal XV al XIX secolo
(Canonica 10 – Supplemento 4, pag.91)
Lo studio che segue, concepito, per facilitarne la lettura, come un catalogo con le relative schede, tratta dell’iconografia di Enea Silvio Piccolomini in pittura, miniatura, scultura e medaglistica, partendo dal XV secolo fino al secolo XIX. Sono state volutamente escluse le sezioni delle incisioni, antiche e moderne, e delle opere d’arte, eseguite nel XX e XXI secolo, che riproducono l’effige di Pio II che potranno, auspicabilmente, essere trattate in successivi contributi.