ARCHEOLOGIA A CAVA BARBIERI
UNA TESTIMONIANZA DELLA PRIMA ORA
(Canonica 10 – pag. 83)
La figura di Ferrante Rittatore Vonwiller – prematuramente scomparso nel 1976 – è leggendaria nel mondo dell’archeologia e non credo di doverne parlare: su Internet si trova di tutto e di più.
In zona aveva fra l’altro partecipato nel maggio del 1959 al III Convegno di Studi Etruschi ed Italici – a Montepulciano ospitato dalla contessa Secchi Tarugi – con i “colleghi” Pallottino, Heurgon, Devoto, ecc., ai quali nella circostanza aveva anche fatto da guida in una visita alle ancora poco note grotte di S. Maria a Belverde – a Sarteano – già oggetto di particolare attenzione da parte sua.
ONESTA PICCOLOMINI
L’AZIONE SILENZIOSA DI UNA “MAGNIFICA DONNA”
(Canonica 10 – pag. 55)
La storica americana Joan Kelly oltre quarant’anni fa pose la provocatoria domanda: «Did women have a Renassaince?», ossia c’è stato un Rinascimento per le donne? La questione torna di attualità nel momento in cui ci si ritrova a ricercare in filigrana le tracce di biografiche di una donna vissuta nel Cinquecento, dopo aver potuto leggere che «Onesta Piccolomini è sepolta nella cappella degli Ottoni nella chiesa di San Francesco a Matelica». Si tratta una stringata informazione, tratta forse da un registro dei morti perduto, che svela però gli stretti legami che univano la potente e nobile casata toscana alla famiglia di origine longobarda che dominò per secoli l’alta valle del fiume Esino. Chi era Onesta Piccolomini? E cosa ci faceva a Matelica?
A seguito dell’edificazione del monastero di Camaldoli da parte di San Romualdo, fra il 1025 ed il 1027, sorse la congregazione dei camaldolesi, pur non contemplata dal fondatore sebbene ne dettò la regola, permettendole di rimanere all’interno dell’ordine benedettino in virtù di quella indipendenza e di quella autosufficienza di ogni singolo cenobio volute da San Benedetto attraverso la propria regola.1 Fin dal primo momento la nuova congregazione crebbe sia nel numero di monaci che di monasteri, grazie a riforme e donazioni ottenute tanto da ecclesiastici che da imperatori ed i relativi documenti, almeno in parte giunti fino all’epoca contemporanea, forniscono le località in cui si insediò la congregazione e talvolta i nomi dei monaci camaldolesi.
Quando si parla di labirinto, il primo che viene in mente è, senza dubbio, quello mitologico di Minosse nell’isola di Creta. Quello a cui si riferisce la nostra storia è invece tanto reale che si può toccare, vedere e visitare. A nessuno, forse, è mai venuto in mente di costruirne uno sotto ad una chiesa. Questa idea non passava per la testa neppure al suo costruttore, ma proprio un labirinto è nato sotto l’abside del Duomo di Pienza, per altro, in tempi piuttosto recenti.
Abbiamo riunito in questa pagina tutto il materiale dell’iniziativa culturale CORTILI APERTI voluta ed organizzata dal 2004 al 2014 da Francesco Dondoli. Gli scritti, le riproduzioni delle pubblicazioni e le foto sono stati già pubblicati nei numeri di Canonica n. 1, 3 e 5 e sono stati qui riuniti per una migliore fruizione.
LA ROCCACCIA. UNA ROCCA DI CONFINE. MILLE VOLTE PRESA, MILLE VOLTE PERSA
(Canonica 9 – pag. 17)
Percorrendo la Statale 146 che collega Pienza a Montepulciano l’antico rudere della Roccaccia si intravede appena ma, anche se coperta dall’edera fino alla sommità, la torre diruta ci racconta una storia millenaria.
Dell’antica rocca di confine oggi non restano che frammenti murari poco riconoscibili ma un tempo questo luogo costituiva, insieme agli insediamenti vicini, un sistema difensivo e rurale assai importante.
INTORNO ALLA PALA DI ALTARE DELLA CHIESA DI SAN CARLO BORROMEO DI FRANCESCO RUSTICI, DETTO IL RUSTICHINO
(Canonica 9 – pag. 43)
La pala in esame, Madonna col Bambino e i Santi Carlo Borromeo, Francesco, Chiara, Caterina da Siena e Giovanni Battista (1620 circa), olio su tela, cm 296 x 207 assegnata a Francesco Rustici, detto il Rustichino (Siena, 1592-1626) insieme all’analogo disegno e al modelletto preparatorio che verrà descritto in seguito, ha recentemente ricoperto un importante ruolo nella sezione della mostra Il Buon Secolo della Pittura Senese.
26 maggio 1935: il duomo restituito alla città divenne evento corale
(Canonica 9 – pag. 27)
Nel maggio 1935 Pienza fu al centro dell’attenzione di molti quotidiani e riviste specializzate, non solo italiani, per un evento eccezionale che il regime fascista seppe esaltare con successo: la riapertura del duomo dopo oltre vent’anni di lavori. Lo storico dell’arte Enzo Carli ricorda che quei lavori ebbero infatti una funzione notevole dopo gli interventi di primo ‘900 quando, per il restauro statico dell’edificio progettato dal Rossellino
L’interesse suscitato dopo la pubblicazione della scoperta dell’allume da parte di Giovanni di Castro e l’interesse dimostrato dal papa Pio II Piccolomini,1 miporta a raccontare un altro piccolo avvenimento, senza tacere che lo stesso pontefice ha scritto sulla magnifica Processione del Corpus Domini del 14622 a Viterbo e sulla nota Corsa delle barche da Capodimonte all’Isola Bisentina.3
Di un ritratto commemorativo della visita di Pio II avvenuta nel luglio del 1462 al Convento francescano dell’isola Bisentina ne avevamo già parlato in precedenza.1 Si tratta di una raffigurazione del pontefice pientino che si rintraccia nella facciata esterna della cappellina del Tabor dedicata alla Trasfigurazione. Precisamente «…a sinistra della porta è raffigurato Pio II, la cui testa è interamente perduta [sic], che riceve l’omaggio dei Francescani, di cui rimangono due bei brani dei volti. […]