E’ stato presentato sabato 22 marzo 2025 il volume che raccoglie tutti gli studi delle campagne di scavo durati oltre 20 anni e curati dalla compianta Dott.ssa Calvi Rezia Gabriella. L’opera presenta al pubblico e al mondo archeologico la gran parte del lavoro scientifico raccolto durante gli scavi e durante gli studi sui reperti, inquadrandolo nel contesto del neolitico e dell’età del bronzo dell’Italia Centrale. Nell’introduzione troviamo descritto anche il rapporto che le attività di scavo ebbero con la cittadinanza pientina; le diffidenze e le “prese in giro” ma soprattutto il fatto che molti giovani si trovarono coinvolti in quell’eserienza e il rapporto nato tra loro e la Dottoressa Rezia andò ben oltre la semplice collaborazione.
Una presentazione divulgativa in cui il volume è stato donato a tutti i presenti.
PIENZA CAVA BARBIERI (SCAVI 1968-1990): GLI INSEDIAMENTI DEL NEOLITICO E DELL’ETÀ DEL BRONZO di Gabriella Calvi Rezia, a cura di Lucia Sarti



Riportiamo il testo introduttivo sull’esperienza dei pientini che parteciparono agli scavi.
INTRODUZIONE
Gli scavi archeologici di Cava Barbieri a Pienza
I ricordi dei protagonisti pientini
di Rino Massai e Fabio Pellegrini
Nell’anno 1968, quando iniziò questa lunga esperienza culturale e scientifica, Pienza era una cittadina nota per la sua storia ed i suoi monumenti, ma frequentata prevalentemente da un turismo culturale assai limitato nel numero e da turisti che provenivano dalla vicina Chianciano, cittadina termale in auge. Pienza viveva di un’economia agricola e artigianale collegata all’industria dei laterizi. Tuttavia il ruolo svolto dalla Città di Pienza nel Novecento in campo educativo e formativo (presenza delle scuole dell’obbligo e Istituto Magistrale), in campo religioso (il Seminario Vescovile, il Capitolo dei Canonici della Cattedrale, la Sede Vescovile), aveva favorito la crescita di un’opinione pubblica istruita, appassionata di storia locale, sostenuta da insegnanti, professionisti e religiosi. La ‘scoperta’ del sito archeologico avvenne in questo contesto sociale. La maggior parte della popolazione assisteva invece solo con curiosità all’evento.
La cava Barbieri, prima dei saggi di scavo della Dott.ssa Calvi Rezia, era solo un luogo di lavoro, dove si estraeva materiale per costruire a Pienza case, muri di recinzione, garage ecc. Per i ragazzi era anche un’area di avventura, frequentata quando gli operai non c’erano, soprattutto di notte; le bozze di tufo talvolta venivano rubate per fare le basi dei rifugi segreti (le cosiddette tende), piccole casupole basse, poi coperte di rami, nascoste nel verde tra la pieve di Corsignano e il Romitorio, dove si giocava a carte, si fumava o ci si scontrava divisi in bande (tipo I Ragazzi della via Pal).
Sempre di notte si andava a rovistare nel capanno dove gli operai tenevano gli attrezzi, soprattutto dentro alcuni fusti di lamiera, in cui gettavano il materiale che ogni tanto usciva dal terreno di escavazione e dalle crepe presenti nella roccia, soprattutto pezzi di ceramica e ossa. Nessuno era cosciente del valore di quel materiale, ma per curiosità spesso veniva preso dai ragazzi e portato a casa, ma poi si disperdeva senza alcun tipo di utilizzo. Si parlava ogni tanto anche di pezzi interi di ceramica dei quali si erano appropriati in qualche modo i proprietari della cava o qualcuno di loro conoscenza.
Quando la Dott.ssa Rezia venne a Pienza e incominciò a portare avanti la ricerca sulla zona, la prima iniziativa presa fu quella di raccogliere in sacchettini di plastica tutto ciò che si trovava in superficie, proprio nell’area di taglio dei cavatori. Agli abitanti non acculturati di Pienza la cosa risultò subito strana, quasi una perdita di tempo e la signora Rezia fu considerata una strana ricercatrice che per passatempo amava cercare oggetti di nessun valore, i famosi “coccini”, così li chiamava la gente. Fu organizzato persino uno scherzo; alcune persone, tramite le Terrecotte Sbarluzzi, con l’argilla fecero dei pezzi di ceramica, li invecchiarono in qualche modo imitando gli originali e di notte li gettarono negli scavi per confondere le idee ai ricercatori; lo scherzo poi si palesò e finì in risate.
I primi scavi organizzati iniziarono nel 1968 e furono gestiti dalla ditta edile Marri di Bagni San Filippo; furono assunti alcuni studenti e alcuni operai, quest’ultimi con i compiti più pesanti, i primi per i lavori più specialistici e di catalogazione. La Dott.ssa Rezia doveva richiamare di continuo gli operai perché non agissero con irruenza e forza, poiché per loro un lavoro redditizio era quello che portava a produrre escavazioni e pietre, mentre al contrario nello specifico caso bisognava procedere lentamente con spatola e pennello. Di appoggio alla Dott.ssa Rezia erano presenti spesso il dott. Lucio Pellegrino, veterinario della zona e il maestro Alberto Dondoli, entrambi appassionati di archeologia; il maestro Dondoli e l’operaio-studente Massai Rino provvedevano anche alla documentazione fotografica. Ogni anno venivano fatte due campagne di scavi, una in giugno e una in settembre, talvolta finanziate dalla Sovrintendenza, talvolta dalla stessa dottoressa. I disegni e i rilievi li faceva il geometra Merlo, che era alle dipendenze del marito della signora Rezia; per quanto riguarda le prime analisi sulle ossa e in particolar modo dei due scheletri trovati intatti, uno di un adulto e uno di un bambino di circa sei anni, furono fatte dal dottor Bruno Stefanelli.
Alberto Dondoli, Gabriella Calvi Rezia e gli altri protagonisti degli scavi.
Risale ormai a qualche anno fa la scomparsa del Maestro elementare in pensione Alberto Dondoli[1]. Persona di grande passione e sensibilità culturale, grazie alla sua dedizione all’archeologia si guadagnò la nomina a Ispettore Onorario per la Soprintendenza Archeologica della Toscana[2]. Dette vita al Gruppo Archeologico Pientino, organizzò campagne di ricerca di superficie, fu il principale collaboratore della Dott.ssa Rezia negli scavi del sito archeologico di Cava Barbieri. Molto piacevoli le conferenze tenute da lui a Pienza e nel territorio; il suo apporto fu spesso fondamentale nell’organizzazione di mostre sul tema a Pienza. La sua competenza in materia era proverbiale e per decenni e decenni fu l’anima del Gruppo Archeologico e di ogni iniziativa didattica, divulgativa, ricreativa che aveva per tema i beni archeologici valdorciani, toscani e italiani in generale. La sua scomparsa è stata una grave perdita per il movimento pientino di appassionati che si era creato attorno alla sua figura ed alle sue attività.
Quanto alla dott.ssa Rezia ricordiamo che, oltre ad occuparsi direttamente e talvolta a proprie spese delle campagne di scavo, era molto partecipe alle iniziative culturali di Pienza e che, grazie alle amicizie intrecciate con i pientini ed alle frequentazioni cittadine, accettò di recitare nella commedia ‘Criside’ di Enea Silvio Piccolomini, rappresentata in Piazza Pio II dalla compagnia locale del ‘Confronto’ in quegli anni.
Ricordiamo infine le tante persone che hanno lavorato negli scavi o collaborato durante le varie campagne: 1. Massai Rino 2. Giovannoni Gilberto 3. Carratelli Massimo 4. Pierangioli Enzo 5. Armellini Ernello 6. Landi Mario 7. Farnetani Giovacchino 8. Marconi Guglielmo 9. Operai ditta Marri 10. Dondoli Alberto 11. Pellegrino Lucio 12. Battisti Geremia 13. Franco Caporali 14. Vallerani Mauro.
[1] Alberto Dondoli era nato a Colle di Val d’Elsa nel 1929 ed è deceduto a Pienza nel 2018.
[2] La figura di Ispettore Onorario fu istituita dalla Legge 27 luglio 1907 n. 386 (artt. 47-53). Il suo compito è coadiuvare a titolo gratuito le Soprintendenze nel campo della tutela e della conservazione dei beni culturali, con particolare riferimento all’attività di vigilanza e di informazione.