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L’OPERA DI «SINENSES» E «PIESCHI» NELLE MARCHE DI FINE ‘400

Matteo Parrini

L’OPERA DI «SINENSES» E «PIESCHI» NELLE MARCHE DI FINE ‘400

(Canonica 8 – pag. 37)

L’apporto culturale, politico-amministrativo ed artistico fornito da Pio II e dai suoi collaboratori ed intermediari nelle Marche del ‘400 è ancora oggi difficile quantificarlo. Certo è che, come sottolineato da llustri storici già da tempo, è stato spesso minimizzato, se non tralasciato, forse a causa della breve durata del suo pontificato, senza considerare la consistenza dell’opera e del messaggio che continuarono a produrre frutti molto a lungo.

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> L’OPERA DI SINENSIS

IL CICLO FRANCESCANO DI PIENZA. RARITÀ ICONOGRAFICHE E NUOVE SCOPERTE

Sara Mammana, Roggero Roggeri

CRISTOFORO DI BINDOCCIO, MEO DI PERO E IL CICLO FRANCESCANO DI PIENZA. RARITÀ ICONOGRAFICHE E NUOVE SCOPERTE

(Canonica 8 – pag. 5)

La chiesa di San Francesco a Pienza

L’edificio dedicato al Santo di Assisi si affaccia sul corso principale della città e mostra, nella propria semplicità, le caratteristiche essenziali delle chiese degli ordini mendicanti [fig.1]. Un’unica navata, sormontata da un tetto a capriate, si innesta all’area presbiteriale che presenta una sola cappella quadrangolare qualificata con volte a crociera.

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> CRISTOFORO DI BINDOCCIO

LA CROCE RESTAURATA

Giovedi 4 ottobre 2018 – alle ore 17.00 – presso la sala del Consiglio Comunale di Pienza verrà presentato il risultato del restauro della croce lignea attribuita alla scuola senese della fine del XII secolo, facente parte della collezione del Museo Diocesano di Arte Sacra di Palazzo Borgia.

Proveniente dalla chiesa di San Pietro in Villore di San Giovanni d’Asso, il crocifisso rappresenta il Cristo Trionfante sulla morte; fu collocato a Pienza in occasione dell’apertura del nuovo museo (1998) dopo anni di conservazione presso la Pinacoteca di Siena.

Al termine della presentazione del restauro, sarà possibile visitare la croce ricollocata nella sala n. 1 del museo.

La facciata della chiesetta romanica di San Pietro in Villore, da cui proviene la croce.

LA SCOMPARSA DI LEONE PICCIONI

Ieri, 15 maggio, nella sua casa romana, è deceduto Leone Piccioni, critico letterario, scrittore e dirigente Rai nonché cittadino onorario di Pienza. Fortemente legato alla città di Pio II da anni di frequentazioni, amicizie, soggiorni e incontri culturali, Leone Piccioni ha promosso,in collaborazione con il Comune di Pienza e la Pro-loco, le mostre d’arte che nel secolo scorso hanno portato a Pienza i più grandi maestri dell’arte italiana. Amico fraterno di Mario Luzi, don Fernaldo Flori, don Ivo Petri, Aleardo Paolucci, Emo Formichi, Piero Sbarluzzi e Mario Biagiotti, lascia un grande vuoto nella cultura pientina.

I funerali si terranno giovedi 17, alle ore 15.30 in Duomo. Verrà sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero pientino.

Il Centro Studi si unisce al cordoglio della famiglia e degli amici pientini che lo hanno conosciuto e hanno goduto della sua amicizia e collaborazione.

Conferimento della cittadinanza onararia
Leone Piccioni in una foto di Bonuccelli

 

ARTICOLI CORRELATI:

L’ omaggio a Leone Piccioni del Centro Studi

I Novanta anni di Leone Piccioni

Bibliografia di Leone Piccioni

 

PIENZA IN… FINLANDIA

Pienza in… Finlandia
Un disegno poco conosciuto di Hilding Ekelund *

Aldo Lo Presti

Presso l’Art Museum di Amos Anderson, che raccoglie una delle più cospicue collezioni d’arte private in Finlandia (comprendente circa 6.000 opere, principalmente dipinti, sculture, disegni, stampe e fotografie, ma anche tessuti, mobili e oggetti in vetro e ceramica, che documentano, nel loro insieme, il modernismo finlandese nelle sue più varie manifestazioni) è stata allestita, nell’autunno del 2011, una mostra dedicata all’attività dei fratelli Ragnar e Hilding Ekelund (tra disegni, dipinti, schizzi architettonici, modelli in scala e documenti fotografici) intitolata Katujen kertomaa (Poetica della Strada) che manifesta pienamente la loro attività artistica e professionale.

Figli di un chimico di lingua svedese, Ragnar e Hilding Ekelund trascorsero la loro infanzia a Kangasniemi nel sud del Savo. Fondamentale per la loro iniziazione artistica fu la frequenza del Liceo di Porvoo nel 1904 che offrì ai due fratelli l’occasione di passare dalla semplicità del paesaggio rurale che nutrì la loro adolescenza, alle strade e ai vicoli di una piccola città dalle architetture essenziali, maturando in tal modo un’attenzione minuziosa verso quei particolari strutturali che poi andranno a ricercare nei borghi spagnoli, francesi, svedesi, estoni e italiani.

Ragnar Ekelund (1892-1960), il più anziano dei due, sebbene di soli 11 mesi, è noto come pittore e poeta che trovò ispirazione nei suoi vagabondaggi di studio in Europa, che gli permisero di mutare i colori della sua tavolozza, dai toni scuri dei primi lavori alla gamma di colori più caldi nelle opere più recenti. Hilding Ekelund (1893-1984) trovò la sua strada come architetto, studiando presso l’Helsinki University of Technology, laureandosi quindi nel 1916, e che spaziò nei suoi progetti dal classicismo nordico degli anni ’20 al “modernismo” – noto in Finlandia come “funzionalismo” il cui esponente più noto fu Alvar Aalto – che reputò più adatto a rispondere alle necessità dalla crescente urbanizzazione del paese.

Tra gli edifici più importanti di Ekelund si citano la Taidehalli Art Gallery (insieme a Jarl Eklund) a Helsinki (1928), la chiesa Töölö a Helsinki (1930), l’ambasciata finlandese a Mosca (1938), e una serie di edifici per le Olimpiadi estive del 1952 tenutesi a Helsinki, tra cui lo Stadio Olimpico di Canottaggio, il velodromo olimpico e il villaggio dei giochi olimpici.

Dalla mostra (Poetica della strada. Le città pittoresche di Ragnar e Hilding Ekelunds, 16 settembre 2011 – 9 gennaio 2012) è scaturito un catalogo intitolato per l’appunto Katujen kertomaa (La poetica della strada), un volume pubblicato dalla Finnish Literature Society e dalla Society of Swedish Literature in Finlandia. Comprende saggi elaborati da Erik Kruskopf e Riitta Nikula. Il bellissimo volume, nel quale è stato pubblicato il carteggio tra i due fratelli che documenta la loro completa sintonia nelle scelte artistiche e architettoniche, il loro umorismo e i loro valori estetici, è stato curato da Susanna Luojus e Itha O’Neill.

Tra i numerosi disegni e schizzi di Hilding Ekelund esposti in mostra, eseguiti durante i suoi viaggi di studio nelle piccole città dell’Europa meridionale, si segnala quello “animato” intitolato Mercato a Pienza datato 1922 che raffigura il “Palazzo Communale” [sic], il “Palazzo Vescovile” e le caratteristiche bancarelle del mercato.

Si tratta di una rara testimonianza della crescente capacità attrattiva della nostra città che inizia ad acquisire tutte quelle caratteristiche che oggi la rendono attraente agli occhi degli artisti e dei turisti: un’invidiabile armonia delle proporzioni architettoniche (che si ritrova nelle opere strutturalmente robuste ma allo stesso tempo sofisticate di entrambi i fratelli) ed un altrettanto invidiabile eccellenza artistica stratificatasi nelle chiese, nei musei e nelle dimore nobiliari cittadine.

* Tutte le notizie e le immagini sono tratte da:
http://amosanderson.fi/en/exhibitions/poetics-of-the-street
e Wikipedia.

PIENZA CITTA’ DELLA LUCE

Sabato 24 marzo alle ore 16.30, presso il Conservatorio San Carlo Borromeo a Pienza verrà presentato in anteprima il documentario PIENZA CITTA’ DELLA LUCE, a cura di Tomaso Montanari per la regia di Luca Criscenti.

Interverranno il Vicepresidente della Regione Toscana Monica Barni, il Sindaco di Pienza Fabrizio Fè, lo storico delll’arte Tomaso Montanari, il regista Luca Criscenti. Coordina l’Assessore alla Cultura di Pienza Giampiero Colombini.

Il documentario è realizzato dalla LAND COMUNICATION

 

 

PIO II CON LA BARBA

Riceviamo da Matteo Parrini, fertile studioso di Matelica e collaboratore del Centro Studi Pientini, immagini e commenti su alcune raffigurazioni di Pio II con la barba. La prima immagine, già pubblicata nel n. 7 di Canonica, proviene dal Palazzo Comunale di Sassoferrato, mentre le altre sono immagini per noi inedite, che di seguito proponiamo ai nostri lettori.

Di Matteo Parrini

Il Cardinale Bessarione nel Monumento Funebre di Pio II

Le due raffigurazioni di Pio II con la barba che segnalo in questo breve articolo risalgono, sia per l’affresco del palazzo comunale di Sassoferrato che per il santuario della Beata Vergine di Mantova, alla seconda metà del XVI secolo. In quel periodo altri vari pontefici ebbero la barba e si diffuse la concezione che Pio II, da protettore delle lettere greche e del cardinale Bessarione, non fosse stato affatto contrario alla barba, essendo stato lui in conclave ad aver affermato: «Nondum barbam rasit Bessarion, et nostrum caput erit?» (Se quindi il Bessarione si rasasse la barba, sarà anche il nostro capo?).

Anche nella famiglia Piccolomini la barba sarebbe stata ben vista, come dimostrò Antonio Piccolomini, nipote del papa, noto per la bella barba nera fluente.

L’aspetto di entrambi i “Pio II” barbuti può rimandare all’aspetto dello stesso Bessarione che si vede sul monumento funebre di Pio II a Roma o al Sant’Andrea del Tempietto di Sant’Andrea a Porta del Popolo (realizzato tra il 1551 ed il 1553), dove si ricorda l’arrivo a Roma, nel 1462 della preziosa reliquia dell’apostolo.

Sant Andrea del Tempietto a Roma

L’immagine di Pio II nel santuario di Mantova (qui si fermò oltre 8 mesi) riporta infine all’immagine dei papa del Concilio di Trento e l’iscrizione sottostante è: «Dopo le cure dolorose e gravi, Chiuso il Concilio, il successor di Pietro A Te porge Maria ambe le chiavi». D’altra parte lo stesso Pio II nei suoi Commentari, al libro XI, si è soffermato sul fatto che «quae illa in aetate barbam requiret», ossia con l’anzianità, arriva anche la barba come segno distintivo di saggezza (Ringrazio Roggero Roggeri per la segnalazione della statua di Pio II nel Santuario di Mantova).

Santuario Vergine delle Grazie di Mantova

Credo che si possano trovare anche altre immagini di un improbabile Pio II barbuto; per adesso segnalo che a Bologna esiste un dipinto del ‘600 con Enea Silvio Piccolomini, non ancora papa, giustamente senza barba.

“Premesse a Pienza” di Marco Spesso

Segnaliamo l’uscita del volume di Marco Spesso dal titolo “Premesse a Pienza. Architettura e umanesimo integrale” per i tipi di Franco Angeli Editore.

In breve
L’adeguamento del borgo di Corsignano a un più alto rango urbano non è riducibile agli stereotipi dell’utopia, della città ideale e di una concezione meccanica della cultura umanistica. Le ‘premesse’ a Pienza costituiscono quel-l’insieme di criteri che il papa Pio II propose a costruttori e artisti, lasciando poi loro libertà di elaborazione, in modo di certo più ampio e complesso rispetto alle consuetudini, soprattutto perché vivamente partecipato nella dialettica integrazione di tutti i valori da raggiungere.
Presentazione del volume
Il contributo di papa Pio II all’architettura non si limita alle committenze per Pienza, Siena e Roma, bensì esplicita una propria autonomia concettuale e operativa, formatasi per integrazione di molteplici interessi e motivazioni, con linearità dagli anni giovanili al pontificato. Le sue riflessioni scaturirono da un’inesauribile curiosità verso l’espressione umana e la natura; proprio in virtù di un umanesimo integrale quei pensieri furono flessibili a diversi requisiti ambientali, simbolici e funzionali. Le opere pientine, in particolare, si distinguono per originalità e autenticità da analoghe operazioni curiali e signorili, pur entro un comune orizzonte.
L’adeguamento del borgo di Corsignano a un più alto rango urbano non è riducibile agli stereotipi dell’utopia, della città ideale e di una concezione meccanica della cultura umanistica. Ben più complesse furono le sue matrici: aderenti a numerosi principi di realtà, eppure risolte nella libertà dell’arte. Un’ordinata e razionale analisi delle fonti – scevra da pregiudizi, che ne hanno eluso la ricchezza di spunti interpretativi, e da determinismi – è in grado di orientare lo studio dei caratteri propri di quelle opere, riconducendoli ad una loro compiuta individualità, unica e irripetibile, rispetto al loro tempo; così attesta, in ogni caso, la volontà del papa stesso di sancirla, nel caso della cattedrale, addirittura con una bolla di anatema contro ogni possibile alterazione dei valori architettonici.
Le ‘premesse’ a Pienza costituiscono, pertanto, quell’insieme di criteri che il papa propose a costruttori e artisti, lasciando poi loro libertà di elaborazione, in modo di certo più ampio e complesso rispetto alle consuetudini, soprattutto perché vivamente partecipato nella dialettica integrazione di tutti i valori da raggiungere.
Marco Spesso è docente di Storia dell’Architettura presso l’Ateneo di Genova. Ha già affrontato, in alcuni saggi, l’analisi delle fonti di ispirazione di Pio II per le architetture di Pienza.
Autori e curatori – Marco Spesso
Contributi – Stefano Fera
Dati – pp. 160, 1a edizione 2018 (Codice editore 1579.3.10)

BECCACERVELLO E LA SUA PROBABILE STORIA

Riprendiamo dalla pagina Facebook di Giancarlo Bastreghi un interessante articolo che parla di un luogo caro ai pientini, il podere BECCACERVELLO. Tra le persone che lo hanno abitato recentemente ricordiamo il compianto ALEARDO PAOLUCCI, pittore e artista ineguagliabile e ROMEA RAVAZZI, anch’essa pittrice di rara poesia. Bastreghi allarga l’orizzonte ipotizzando un passato altrettanto ricco di arte e storia.

UNA CURIOSA NOTA, SOPRA UNA ANTICA STELE CARICA DI MEMORIE E FATTI PIENTINI

Credo che a molti di noi passeggiando lungo la strada che da S. Caterina conduce verso il bosco di Porciano, oltrepassato il cimitero, nell’avvicinarsi a “Beccacervello” e gettato lo sguardo nel giardinetto, abbiano notato l’edicola monumento in cotto di mattoni con incussa una pietra inscritta e che non si siano chiesti quale “segreto“ poteva celare, e perchè mai, e per quale ragione essere giusto lì “monumentata”. A Pienza, tra i Pientini del passato, il “mistero“ fu risolto col dire; <<….che nella pietra si raccontava la memoria antica che celebrava la nascita di Enea Pontefice, proprio lì, in quel di “Beccacervello”, cosa questa sicurissima perché detta e sentita e tramandata dai Padri dei Padri!>> e così dicendo di anno in anno la leggenda è continuata sino praticamente ai giorni nostri!
In verità le cose non stavano proprio così come tutti sappiamo… però la “curiosita’” e il perché per quel monumento in tanti di noi continua, quindi oggi cercherò il raccontarvi di come stavano i fatti e le venture, iniziando con lo svelare il “segreto” scritto nella stele in “Pario” del giardino e chi ne fosse Autore.

TESTO SCRITTO IN LATINO IN CARATTERE TONDO

HOC SIMEON. BAFFUS SAXIS AC VEPRIB. (us)
HORRENS ARUM MACERIE SEPSIT ET
EXCOLUIT INNUERIS QUE OPERUM IMPENSIS
CONSEVIT ET AUXIT ARBORIBUS FERRO VIX
SILICE EDOMITA PRAEDIUM ET URBANAM
STRUXIT SEDEM Q. COLUMBIS ET SCRUPIS
RECTAS STRAVIT UTRUNQUE VIAS
HINC DEUS AVERTAT VIM CAELI ET GRANDINIS
RAS UT LAETAS SEGETES GRATA(s) Q. POMAS FERAT.
ANNO GRATIE MDLXXV PRINCIPATU FRANC. MED.
MAGNI ETRURIAE SECUNDI.

TESTO TRASCRITTO IN ITALIANO :

Questo campo, irto di sterpi e di macigni,
Simeon Baffo cinse d’un muro a secco
e coltivò con cura ; con lavori di ingentissimo
costo lo seminò e lo arricchì di alberi ;
ogni pietra eliminata a fatica con l’aratro ,
ne fece un podere ed eresse una civile abitazione
e dall’una e dall’altra parte lastricò di pietre
le diritte vie.
da questo luogo Dio allontani l’ostilità del cielo
e la furia della grandine , affinché produca
copiose messi e graditi frutti .
Anno di Grazia 1575 , sotto il Principato di
Francesco I de’ Medici , secondo Granduca di Toscana

Ed eccovi ora i fatti, giustappunto o pressappoco, come dovevano stare:
Al tempo tutta la terra che andava da Pienza,sia a destra che a sinistra lungo la strada per San Quirico, oggi via di S. Caterina , e oltre appartenevano alla Cattedra Vescovile, e ne godeva e disponeva per diritto dotale delle proprietà il Vescovo titolare Pientino. Il Vescovo di Pienza e Montalcino era al tempo Francesco Maria Piccolomini (1554-1599) ultimo vescovo della due diocesi unite, il quale ,tra le tante altre cose , partecipò al Concilio di Trento dal 1545 al 1563 , fatto questo che determinerà certi eventi di cose pientine alla base di questa modesta “ricerca” .
Di converso il “Nostro” Simon Baffo della esposta scritta , apparteneva ad una illustre famiglia veneziana,ascritta al Patriziato,e originaria di Cipro, e il “nomen” di detta famiglia si identificava con il toponimo della città Cipriota di Paphos, da cui trasse poi il nome per la propria “gens”.
Nella Repubblica Veneta i vari membri di questa famiglia godettero di importanti incarichi nel Maggior Consiglio , e si distinsero per i favori che concessero al Clero della Repubblica. Alla famiglia Baffo appartenne Cecilia Venier Baffo, (1525-1587) la futura “Nurban”, figlia di Nicolò Venier e di Violante Baffo, che sarà moglie prediletta di Selim II Sultano dei Turchi,e madre di Amurat III.


La Famiglia Baffo si estinse nell’ultimo quarto del XVIII secolo con Giorgio Baffo,(1694-1768) Veneziano – poeta Lubrico e vernacolare.
E’ mia personale ipotesi che il “nostro” Baffo (quasi sicuramente sacerdote dato il suo incarico prelatizio, anche per la dimostrata conoscenza Latina formale-stilistica della scritta in “Latino Celebrativo” nell’epigrafe, sia, con molta probabilità, opera sua) e’ mia opinione personale che il Baffo sia stato “assunto all’uffizio“ a Venezia dal Piccolomini, quale suo segretario e amanuense personale al Concilio di Trento,e che una volta concluso il Concilio il nostro per la valenza dimostrata al servizio del Presule ,su invito di questi abbia seguito il Vescovo a Pienza, quindi incardinato nel Clero Pientino. A Pienza edifica la sua Signorile dimora su di un terreno della Cattedra Vescovile, prospiciente la Città, concessagli dal Piccolomini per benevolenza e a ricompensa dei suoi buoni uffici nel Concilio , e anche per l’affetto filiale dimostrato alla sua persona .
E dunque – infine – la domanda; Perchè, che di poi, tale Villa fu nomata “Beccacervello“?

Tra tutti i dizionari di toponomastica che ho potuto visionare, non risulta il toponimo “Beccacervello” e anche il Repetti lo ignora, quindi avrei ipotizzato una mia personale formulazione per spiegare circostanze e fatti di questo curioso appellativo:

*Nel “Dizionario delle Origini” edito a Milano nel 1831 ho trovato:
”si disse “Beccarsi il Cervello“ per fantasticare e darsi a intendere quello che non può essere, il Varchi notò che si “Beccava il Cervello “uno che faceva i “Castellucci in Aria”, e il Fiorenzuola, accennò a una Padrona che si “Beccava il Cervello” il per chiamare persone che non volevano venire, e infine il Berni cita il detto “C’e chi si Becca il Cervello, in modo, chi in altro”.
Infine di poi ho cercato nei modi di dire è ho trovato: ” Beccarsi il Cervello; “riuscire nell’intento con guadagno, ma anche ammalarsi (di Cervello)”.
Il “Vocabolario Fiorentino e dei modi di dire Toscani”; “Beccare“prendersi una malattia, ammalarsi.
In conclusione, visto che oramai l‘ho fatta troppo lunga, sarei arrivato alla determinazione di concludere, che il toponimo di “Beccacervello” fu il nome surrogato dalla Villa proprio da Don Simeone Baffo, dopo la sua dipartita al Padre Eterno, e così chiamata di poi dal popolo pientino “ad memori” per detto Monsignore, e ribattezzata dai pientini antichi con il soprannome personale del proprietario, don Baffo, il così detto e conosciuto da tutti al tempo; ”il Beccacervello”, cioè di un pignolo e prolisso “rompicoglioni” che crea complicanze per carattere dei modi di agire e senza determinazione alcuna. (A Pienza ne sopravvivono a tutt’oggi alcuni noti esemplari).
Un‘ultima nota: il Barbacci scrisse circa le varie cose di Pienza che: ”…a poca distanza fuori dalla Porta al Prato eravi un tempo una Cappelletta dedicata alla Madonna del Rosario, ad oggi scomparsa e non più esistente (…) , e’ una mia ipotesi che tale Cappella della Madonna del S.S. Rosario si riconoscesse ,in ragione delle motivazione che sotto espongo, proprio nella cappella privata della villa di Mons.Baffo, (oggi e’leggibile la porta in parte tamponata e residuata con la finestra dello studio di pittura dei Paolucci, che si affaccia proprio a fronte sul giardino del “monumento“), questa solenne Celebrazione, al tempo, novella devozione, per l’accolto “Voto di Grazia“ al Pontefice Romano, e quindi istituito e canonizzato da Pio V, che ogni ”Mezzodì ed in Eterno” fosse intesa per ricordanza di Grazia con il solenne suono “a doppio disteso” di tutte le campane della Cristianità per la Grazia ottenuta dalla “Vergine Maria“ nella vittoria Cristiana di Lepanto sugli “infedeli” Turchi, avvenuta quattro anni prima alla costruzione della “Villa”, il 7 ottobre del 1571.
Ancor oggi l’antica canonica disposizione Pontificia viene solennizzata in tutta la Cristianità, a memoria della Grazia Ricevuta a Lepanto dalla Madonna del Rosario, le campane di tutte le Chiese suonano “al doppio”, ogni Mezzodì, di ogni giorno e per tutti i giorni che saranno.
Eccovi esposte – e gradite spero – queste mie divagazioni circa una misteriosa scritta, uno strano nome e un prete. […]