Prendiamo spunto dalla mostra PIENZA NASCOSTA realizzata dal Gruppo Fotografico Pientino nel dicembre 2014 per pubblicare questo breve articolo sul deposito dell’acquedotto, che ci arriva da Orvieto. Le foto inedite degli interni, “nascosti” per decenni alla vista dei non addetti ai lavori, sono state esposte per la prima volta nella mostra citata, suscitando interesse e curiosità; le riproponiamo a corredo del contributo di Aldo Lo Presti e dell’introduzione di Umberto Bindi.
A chi si avvicina a Pienza, provenendo da Siena, la solitaria torre in pietra arenaria contenente i depositi dell’acqua appare improvvisamente, sovrastante la schiera di villette liberty che conduce al centro storico; villette costruite probabilmente negli stessi anni ’20 del Novecento. Da fuori la torre si presenta come una solida costruzione, la cui funzione non è immediatamente comprensibile.
L’articolo proposto da Aldo Lo Presti per la sezione “curiosità” del sito, riguarda un bassorilievo collocato in maniera del tutto estemporanea in una facciata del centro storico di Pienza. L’architrave in arenaria proviene, con molta probabilità, dalla chiesa di S. Maria; l’antica struttura romanica fu demolita nella metà del ‘400 per fare spazio allo costruzione del Duomo. Alcuni resti, riportati alla luce dall’ing. Barbacci nel 1932 durante l’imponente restauro della Cattedrale, furono collocati nella sottostante cripta di San Giovanni; altri frammenti si erano probabilmente dispersi nei secoli precedenti, utilizzati come materiale da costruzione (forse anche dello stesso Duomo e del Palazzo Piccolomini). Il frammento in oggetto è collacato in una facciata realizzata durante il secolo scorso, per cui potrebbe aver fatto parte di quelli rinvenuti dal Barbacci nel ’32.
Non solo i grandi (o piccoli) monumenti rendono le città parlanti, contribuendo a raccontarne la storia attirando su di sé gli sguardi dei cittadini. Altri segni, definibili minori, quando non addirittura minimi, assumono su di sé la medesima funzione. Come nel caso della Colomba nella bocca del Serpente e le palme della Passione, simbolo zoomorfo della Prudenza e della Semplicità scolpito in un bassorilievo erratico proveniente, con ogni probabilità, dalla Chiesa di Santa Maria prisca. A risolverci in questa direzione è stata la lettura del seguente brano che ha risolto ogni dubbio iconografico legata alla nostra raffigurazione:(1)
…il secondo testo sacro che parla del simbolismo del serpente nei pastorali, è quello con il quale Gesù nel Vangelo prescrive ai suoi di essere prudenti come il serpente e semplici come la colomba (San Matteo, Vangelo, X, 16): la Prudenza, figlia della Sapienza, la Semplicità, la Rettitudine sono in effetti, le qualità necessarie a coloro che hanno il carico delle anime. Qui, ancora una volta, il simbolismo cristiano dà la mano ai simbolismo più antichi che facevano del Serpente l’ideogramma della Sapienza. Su molti celebri pastorali possiamo vedere la colomba appollaiata sulla testa o persino rifugiata nella bocca del serpente, ad esempio nel pastorale dell’Abate sant’Annone di cui ha parlato P. Chaier, dove sembra che il vecchio orafo che lavorò questo bastone abbia voluto ricordare al prelato a cui il bastone era destinato, che le sue parole dovevano essere semplici, dolci e prudenti. Nel Medioevo, il simbolismo del pastorale era meglio conosciuto di quanto non lo sia oggi. Esso deriva dal precetto impartito da San Paolo a Timoteo: Riprendi, minaccia, esorta con gran pazienza e sempre istruendo (San Paolo, II Epistola a Timoteo, IV, 2).
Dall’Enciclopedia dell’Arte Medioevale dell’Istituto dell’Enciclopedia Treccani (1998), traiamo un secondo brano particolarmente illuminante che contribuisce a rendere la nostra iconografia ancor più intelligibile:
…il pastorale di S. Annone […], l’arcivescovo di Colonia (1056-1075) e fondatore dell’abbazia di Siegburg, fu rinvenuto, secondo la tradizione, nel suo sarcofago nel 1183; l’asta in legno rosso presenta un’iscrizione disposta sui due collarini metallici intorno al nodo: Tytyre coge pecus cecos ne ducito cecos / moribus esto gravis rector fore disce suavis / astu serpentis volucris tege simpla gementis; il tutto è sormontato da un riccio in avorio del sec. XI (forse eseguito prima del 1075) che forma esattamente un mostro dalla testa ricurva nell’atto di inghiottire un uccello.(2)
In tal modo il serpente non è solo lo strumento diabolico per far penetrare la morte nel mondo, così come narrato da Herrada de Landsberg, abbadessa del monastero di Hohenburg in Alsazia, nel suo Hortus deliciarum («Così fa il Cristo, il quale, alla fine della propria vita mortale, depone in certo qual modo la propria anima per discendere nella morte che è penetrata nel mondo ad opera del serpente; in questo modo egli distrugge i peccati degli uomini e le loro funeste conseguenze»)(3) ma anche, se non soprattutto, il simbolo della prudenza. Un simbolo che sintetizza, in base alle parole già ricordate di Matteo, la funzione esortativa del nostro bassorilievo (del tutto congruo per stile e materiale costruttivo con altri frammenti lapidei conservati presso il tesoro della cattedrale): «Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe». Un passo che concorre, come detto, a farci meglio comprendere non solo l’allegoria del pastorale d’avorio di S. Annone (a riunire felicemente in una prospettiva di salvezza eterna entrambi gli animali, la colomba e il serpente) ma anche quella d’una ritrovata e ancor più dolce calamita di Pienza (visibile all’altezza del numero civico 4 di via dell’Angelo).
(1) Charbonneau-Lassay Louis Il Bestiario di Cristo. Edizioni Aikeios, Roma, 1994, p. 417.
(2)THURRE D., Pastorale, in Enciclopedia dell’Arte Medioevale, http://www.treccani.it
Umberto Bindi – Editoriale – pag. 3
..
Aldo Lo Presti – Bibliografia illustrata della “Guerra in Val d’Orcia” di Iris Origo – pag. 5
.
Ilaria Cappelli – Gli Statuti di Pienza del 1564 – pag. 19
.
Andrew Johnson – Le statue mancanti di Pienza. Da un enigma rinascimentale alla comprensionedel mondo di un Papa: una sintesi. – pag. 67
.
Rodolfo Calamandrei – Monte Amiata. Appunti e Bozzetti – pag. 81
.
Orazio Antonio Bologna – Giovanni Antonio Arrivabene, Poeta – pag. 121
Documentata raccolta delle pubblicazioni “turistiche” su Pienza, preceduta da un ampio commento sulla loro storia e la loro importanza nel panorama delle guide storico-artistiche italiane. Dal primo testo della fine dell’Ottocento fino alla più recente guida uscita nel 2013. Il Volume ad oggi non è stato pubblicato su carta. Dopo una prima uscita “riservata”, il volume è stato stampato e distribuito nelle librerie e negli uffici informazioni di Pienza da Immagina Sas. (Ottobre 2015)
Guida alle Guide di Pienza
Aldo Lo Presti, Immagina Edizioni, Pienza, 2015
La breve ma intensa storia della tipografia pientina La Rinascente, operante agli inizi del ‘900, fondata da F. Facchielli nel centro cittadino. La pubblicazione ne racconta le vicende e ne raccoglie i lavori conosciuti.
La Tipografia «La Rinascente» di F. Facchielli
Bibliografia illustrata
di Aldo Lo Presti – 2012
Una guida dal taglio non convenzionale, percorsi nuovi e visioni “altre” di una Città che non finisce di stupire e che nasconde, accanto alle bellezze conosciute, particolari inediti e tratti sorprendenti.
La guida è uscita di recente anche in formato cartaceo per cui qui viene pubblicata solo in estratto.
Pienza, un altro sguardo
di Aldo Lo Presti. Foto Umberto Bindi
Pienza, Immagina Edizioni, 2013
Presentazione – pag. 3
Editoriale – pag. 5
Aldo Lo Presti . Note sopra un rilievo di Santa Caterina d’Alessandria a Pienza – pag. 7
A. L. . Il «Canonico di Pienza» disegnato da Edoardo Marendino – pag. 15
Alfiero Petreni . Gino Severini, pittore futurista attraverso il ‘900 – pag. 19
Umberto Bindi . Giorgio Santi: uno scienziato pientino. Biografia e scritti inediti – pag. 27
Francesco Dondoli . «Cortili aperti» e le mostre di una sera. – pag. 45
A. L. La processione del Corpus Domini in Viterbo descritta da Pio II e per la prima volta tradotta in italiano da Luigi Fumi – pag. 57
Fabio Pellegrini – La presa di Pienza, ovvero, come cambiò la guerra fra Dante e Machiavelli… – pag. 69
Fausto Formichi – Le dodici «Case Nuove» di Pienza – pag. 75
Portfolio 1 (file separato)